Marco, Mirko, Vincenzo, Said, Stephan, Carlos, Axjia. Sono loro l’anima di InGalera. Sette uomini che hanno commesso un errore e che ora hanno la fortuna (e la voglia) di riscattarsi. Siamo andati a trovarli e abbiamo passato una giornata con loro per capire come funziona questo progetto straordinario.
Superato il cancello del carcere, sulla sinistra del cortile si vede l’insegna del ristorante. La sala è piacevolissima, ben arredata, soprattutto luminosa. C’è proprio una bella luce, le sbarre non si notano neanche. Ad accoglierci ci sono Ivan Manzo, il monolitico chef, e Massimo Sestito, il maître, che ricorda tanto (ma tanto) Claudio Amendola. Loro sono uomini liberi, amici dai tempi della scuola alberghiera e sono responsabili, oltre che dello staff di detenuti, anche di un’atmosfera goliardica che ci mette subito o nostro agio.
“Lavorare con questi ragazzi”, spiega Ivan Manzo, “è bello ma anche difficile, non tutti hanno il senso delle regole. La cosa positiva è che, dovendo imparare da zero, stanno crescendo come dico io…”. Poi ride, “non so se questo sia un bene per loro, sicuramente è un bene per me. Stiamo diventando una grande squadra”. Perché ha accettato di lavorare qui? “Perché ero curioso, era una sfida”. E non era preoccupato? “No guardi, io ho lavorato dappertutto, in Italia e all’estero, persino sulle navi, e le assicuro che i veri delinquenti li ho incontrati altrove. Mi piacerebbe un giorno portare questi ragazzi a lavorare con me fuori da qui”.
Anche il maître Massimo Sestito è dello stesso avviso, “quando Ivan mi ha chiamato”, spiega, “ho accettato subito. Insegnare a queste persone è una soddisfazione enorme sia a livello professionale che umano. Loro hanno un marcia in più perché non stanno solo imparando un mestiere, hanno voglia di riscattarsi”.
E poi arrivano, eccoli i ragazzi... L’emozione è stata fortissima. Il “dentro” e il “fuori” che si incontrano. Un momento di magnifica entropia. C’è una delicatezza estrema, da parte loro e da parte nostra. Come se tutti quanti all’improvviso avessimo scritto addosso “maneggiare con cura”. Poi l’atmosfera si scioglie e inizia una giornata fantastica. Li abbiamo seguiti mentre cucinavano, apparecchiavano, indossavano la giacca scura e la cravatta, accoglievano i primi clienti. Soprattutto abbiamo visto che tra loro c’è un’invidiabile sintonia. E anche voglia di scherzare, di prendersi in giro. Altro che Hells Kitchen, qui si lavora con il sorriso. Forse anche per la consapevolezza che imparare una professione e, soprattutto, metabolizzare il senso del lavoro, è il curriculum perfetto per chi esce da una galera. Non essere guardati con sospetto da un eventuale datore di lavoro, ma al contrario con ammirazione, è il biglietto vincente per il futuro.
Ma come è potuto succedere tutto questo in un carcere? Non è un’improvvisazione, non un’idea di tendenza. Si tratta al contrario del felice esito di un lungo percorso. Tutto è iniziato nel 2004 con la fondazione della Cooperativa ABC - La sapienza in tavola, che ha iniziato a coinvolgere i detenuti in un sevizio di catering rivolto ad aziende pubbliche e private, ma anche a comuni mortali che vogliono organizzare un evento. Poi è stata aperta la sezione carceraria dell’Istituto alberghiero Paolo Frisi, dove i detenuti si possono diplomare. Quindi è arrivato il supporto di alcuni partner esterni. E infine il ristorante, nella ex sala convegni della polizia penitenziaria, grazie al direttore stesso del carcere, che ha concesso i locali in comodato d’uso.
La cosa straordinaria è che a volere e a condurre questo grande progetto è stata una sola persona: Silvia Polleri, ex educatrice nelle scuole materne e successivamente libera professionista nel settore della ristorazione. Lei ha fondato e presiede la cooperativa ABC ed è il binario di questo viaggio. Non a caso, il Comune le ha riconosciuto l’Ambrogino d’oro nel 2015. Per questa forte volontà di recuperare la dignità, l’autonomia e il senso civico dei detenuti, il carcere di Bollate conta una percentuale di recidiva del 20%, contro il 67% della media nazionale.
Come si fa per pranzare a InGalera
La procedura è semplicissima. Si telefona, si prenota e, quando si arriva all’ingresso, si viene accompagnati direttamente al ristorante dalle hostess e dagli steward dell’Istituto alberghiero Paolo Frisi. Sono ben accetti i bambini (tanti, soprattutto il sabato a mezzogiorno). Possono entrare i cani.
Il menu e i prezzi
InGalera è aperto a mezzogiorno con la formula quick lunch (piatto unico 12 euro, primo e secondo 14 euro, con acqua e caffè), mentre alla sera e il mezzogiorno del sabato si sceglie alla carta (35-40 euro), oppure si può optare per i menu degustazione (30 euro). Ben costruita la carta dei vini, che dà soddisfazione a tutta Italia.
Ristorante InGalera, Via Cristina Belgioioso 120
20157 Milano www.ingalera.it
Chiuso domenica tutto il giorno e lunedì a cena
Apertura cucina: 12.15-14.00 / 19.30 - 22.00
Prenotazione richiesta: 334 3081189 (dalle 9.30 alle 11 / dalle 15 alle 18.30)
Cristiana Cassé
aggiornato il 2 novembre 2016