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Il decalogo del perfetto assaggiatore di olio

News ed EventiNewsIl decalogo del perfetto assaggiatore di olio

In Italia esiste la prima organizzazione al mondo di assaggiatori di olio d'oliva. In attesa che a Expo 2015 venga lanciato un concorso mondiale, ecco i consigli per imparare a riconoscerne le proprietà anche a casa

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Dal 1983, nella provincia di Imperia, terra di uliveti produttrice di alcuni degli oli extravergine più delicati d'Italia, esiste una scuola speciale: è quella organizzata dalla Onaoo, Organizzazione nazionale assaggiatori olio di oliva (clicca qui), che insegna ad appassionati e professionisti l'arte della valutazione organolettica dei diversi oli evo, per poterne subito distinguere qualità e proprietà.
Proprio come i corsi da sommelier, anche quelli da assaggiatore hanno percorsi lunghi e accreditati, fatti di anni di studio e livelli. Si tratta di una figura professionale richiesta – anzi fondamentale – per esempio per le aziende produttrici piccole e grandi, ma accanto a questi la stessa associazione propone anche percorsi brevi e più divulgativi, affinché anche le persone comuni e non professioniste possano avvicinarsi al mondo dell'olio, spesso sconosciuto. 
La stessa associazione, ha organizzato nel corso di Expo 2015 per il prossimo 13 settembre un concorso mondiale: si chiama The worldwide olive oil tasters' challenge, ovvero la sfida mondiale degli assaggiatori di olio d'oliva, e propone una gara-gioco tra assaggiatori all'interno del Padiglione Italia.
Per carpire i segreti di un cucchiaino di olio chi vive a Milano può approfittare da oggi anche dei corsi organizzati dalla scuola Osa, Olio Spazio Aperto, che ha presentato proprio oggi la Scuola permanente dell'olio, ospitata nella sede del gruppo Donne dell'olio (clicca qui), associazione nazionale che riunisce professioniste e appassionate del settore.

E se cogliere difetti e pregi precisi di questo oro verde dopo la trasformazione dell'oliva giunta da un singolo cultivar (solo in Italia ne esistono oltre 40 Dop) è cosa da professionisti, anche nel piccolo delle nostre case è possibile seguire qualche consiglio per riconoscere le proprietà dell'olio che stiamo consumando, sia a livello olfattivo sia a livello gustativo.

Primo, il kit dell'assaggiatore. Servono un bicchierino scuro (blu, marrone, verde) e una mela per cominciare. Gli assaggiatori infatti usano una fettina di mela per sgrassare la bocca tra un assaggio e l'altro e il vetro colorato per non farsi influenzare dal colore dell'olio. Che è solitamente di un giallo più chiaro per gli oli liguri o del nord, più carico per gli oli meridionali, più verde per quelli toscani. Meglio anche non aver consumato poco prima dell'assaggio cibi, sigarette e caffè ed essere in perfetto stato di salute (un raffreddore per esempio potrebbe compromettere l'esperienza).

Secondo, il colore. La qualità dell'olio non dipende mai dal suo colore, ma mentre lo si versa non si potrà fare a meno di notarne le sfumature. Il colore dell'olio racconta la storia dell'oliva e dice molto agli esperti sulla composizione del terreno e sul tipo di pianta da cui l'oliva arriva, sulle tecniche di spremitura e su quanto fossero mature le olive quando sono state raccolte.

Terzo, la fluidità. Se versiamo un paio di cucchiaini di olio nel bicchierino e proviamo ad agitarlo lievemente, è possibile valutarne la fluidità: basterà mettere il bicchierino controluce e osservare. Se è extravergine sarà poco fluido, se si tratta di olio di semi invece lo sarà maggiormente.

Quarto, una questione di olfatto. Eccoci giunti alla prova del naso: dopo aver scaldato il bicchierino tra le mani per qualche secondo e aver scosso il contenitore, odorate due o tre volte l'olio. Qui arriverà lo stupore, perché nell'olio è possibile trovare profumi di terra, di verdure, di erbe aromatiche e di frutta, tutti sinonimi di un olio sano. Si parla di olio fruttato verde se all'olfatto ricorda la frutta fresca e lievemente acerba, fruttato maturo se invece ricorda i frutti dolci e succosi.

Quinto, il primo assaggio. È giunto il momento dell'assaggio vero e proprio: andrà fatto ingerendo un piccolo quantitativo di olio e lasciando che questo si spalmi sulla lingua. È importante immettere nel cavo orale anche l'aria, e poi riuscire a tenere il liquido per circa 30 secondi tra il palato e la lingua (che andrà schiacciata proprio verso il palato), facendo ancora passare aria tra i denti. Qui potremo scoprire il gusto dell'olio, grazie al battere dell'olio sulle papille gustative, valutando se si tratta di un prodotto amaro, dolce, piccante, aspro o salato.

Sesto, i primi appunti. Ultimate queste due prime esperienze, e dopo aver espulso l'olio dalla bocca, si è in grado di appuntare rapidamente le sensazioni ricevute. Quali odori abbiamo avvertito? Quali gusti? Se ci troviamo davanti a odori e gusti distinti e precisi riconoscibili singolarmente, abbiamo senz'altro assaggiato un buon olio evo. Se questi sono anche in equilibrio tra loro, siamo davanti a un ottimo prodotto.

Settimo, ma è piccante! Spesso, a questo punto ci si accorge che l'olio assaggiato è particolarmente amarognolo, oppure il suo retrogusto risulta piccante al palato. Non si tratta di un difetto, bensì di un pregio: significa che l'olio assaggiato è particolarmente ricco di antiossidanti, i polifenoli, peraltro utili per la salute del fisico umano. Gli oli piccanti sono perfetti per condire a crudo le verdure, o da gustare sul pane per un'ottima bruschetta.

Ottavo, il pezzo di pane. In alternativa al bicchierino, o in aggiunta a questo, è possibile riconoscere le proprietà di un olio anche assaggiandolo su un piccolo pezzo di pane. Che dovrà essere possibilmente senza sale, come quello tipico toscano.

Nono, se le olive sono state raccolte o conservate male. Ogni difetto dell'olio ha le sue parole, con cui prende dimestichezza presto chi impara ad assaggiare. Si parla di rancido se è rimasto al caldo o è stato conservato male; di terra se deriva da olive raccolte nel terreno non lavate; di muffa se le olive sono state ammassate per giorni all'umido prima della spremitura; di avvinato se le olive sono fermentate troppo prima di essere lavorate; di riscaldo se le olive sono state conservate al caldo in sacchi e hanno così subito una fermentazione lattica.

Decimo, se l'olio è stato lavorato male. Esistono anche termini precisi per definire quegli oli evo la cui lavorazione non è stata perfetta. Si parla di metallico se sono stati usati macchinari nuovi e dunque il prodotto finale risente dei loro odori; di fiscolo se sono stati usati filtri sporchi; di cotto se la pasta di olive è stata riscaldata troppo; di acqua di vegetazione se appunto l'olio è stato troppo a contatto con questa.

Eva Perasso
29 aprile 2015

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