Una pianta dalle grandi foglie rotonde ricca di proprietà, originaria del Tibet e della Cina, preziosa in cucina. Il rabarbaro o Rheum rhaponticum - termine che deriva dall’antico nome del Volga Rha, Rheum in latino, e da barbarum, ovvero “radice” che i barbari raccolgono nelle regioni limitrofe del fiume - rappresenta un vero e proprio toccasana per la salute e la cura del corpo, in primis di fegato e intestino.
La sua composizione infatti, ricca di molecole funzionali, lo rende una delle piante medicinali più usate da sempre, soprattutto nelle zone asiatiche. Come sottolinea la dottoressa Raffaella Melani, biologa nutrizionista, “Le principali componenti del rabarbaro includono, oltre a una gran varietà di minerali e vitamine del gruppo b, vitamina a, vitamina k in quantità molto alta, emodina, polifenoli e tannini (il ratannino). Ecco perché in piccole dosi, può aiutare nei processi digestivi per l’azione dell’emodina che aiuta il fegato a produrre la bile, inoltre, a dosi maggiori, grazie alla presenza di glucosidi antrachinonici agisce come lassativo e per questo viene utilizzato nella stitichezza cronica”. Azione quest'ultima simile a quella della malva.
Ma i benefici del rabarbaro sembrano essere ancora più variegati. Spiega la dottoressa Melani “le ricerche confermano che i suoi principi attivi agiscono sul sovraccarico di calcio nelle cellule con reazioni a cascata sull'attivazione di neutrofili e macrofagi polimorfonucleari (cellule del sistema immunitario), impedendo così il rilascio di grandi quantità di mediatori pro-infiammatori. Il rabarbaro pertanto agisce come anti-infiammatorio. Recentemente è stata riscontrata anche la sua efficacia nel trattamento della sindrome da distress respiratorio acuto, perché sembra migliorare l'ossigenazione senza effetti indesiderati. Inoltre, le ricerche scientifiche sui possibili utilizzi terapeutici degli estratti di questa pianta sono ancora in corso, tra cui la sua azione benefica contro sulle cellule metastatiche del carcinoma orale, di cui pare riduca l'invasività”.
In genere in fitoterapia, per i disturbi di fegato e intestino, viene utilizzato il rizoma, sottoforma di preparato polverizzato “due tazze di infuso, mattina e sera, utilizzando 1-2 grammi di preparato polverizzato possono essere utili. Vanno tenute in considerazione alcune controindicazioni. La principale avvertenza è per le donne in gravidanza e per chi soffre di gotta o di calcoli renali, ma si consiglia di chiedere sempre al medico per evitare problemi di qualsiasi tipo e interazioni con altri farmaci”. In cucina invece ci si serve esclusivamente dei gambi, la cui raccolta può essere fatta in periodi diversi: in primavera, in estate e, soprattutto, nei mesi autunnali, quando essi hanno un bel colore rossiccio e un gusto più intenso.
Le idee possono essere tante, ma l'uso più comune è quello di preparare la marmellata da gustare soprattutto con le carni. Consiglia la Melani “Si tagliano le coste a tocchetti, eliminando la parte verde e si mettono a cuocere in una pentola con poca acqua, aggiungendo quasi a fine cottura 600 g di zucchero per ogni chilo di polpa, e 1 scorza di limone grattugiata. Si lascia sul fuoco, con fiamma bassa fino a quando la purea avrà preso un bel colore ambrato. Si verserà quindi nei vasi, che andranno chiusi ermeticamente”. Infine il rabarbaro viene impiegato di frequente per la preparazione di liquori, sempre per l’apprezzata azione digestiva.
Elisa Nata
ottobre 2017