Baccalà è il termine usato per indicare il
merluzzo che, appena pescato, viene subito salato a bordo dei pescherecci, per consentire una perfetta conservazione. Occorre risalire a parecchi secoli fa per scoprire come nacque questo metodo di conservazione. I
pesci, aperti a libro, privati della testa,delle interiora e di gran parte della spina dorsale, venivano accumulati nelle stive sotto grossi strati di sale per arrestare lo sviluppo dei batteri e, nello stesso tempo, permettere l’insediamento di altri batteri, non nocivi, che determinano la maturazione del baccalà.
La seconda parte del processo continuava a terra pressando il pesce per eliminare acqua e salamoia, poi spazzolandolo e mettendolo ad asciugare all’aperto o in tunnel con correnti di aria calda e secca. Il termine
«baccalà» è usato in tutta l’Italia, tranne che nel Veneto dove, invece, indica lo
stoccafisso, cioè il pesce seccato e non salato. Un buon baccalà non deve essere troppo piccolo, avere polpa spessa e abbastanza bianca.
Un tempo il baccalà veniva venduto sfuso, dentro grossi mastelli pieni di acqua. Oggi lo si trova più facilmente in apposite confezioni. Per preparare il
baccalà alla cottura bisogna lavarlo a lungo,poi immergerlo in acqua fredda (o latte) per almeno 24 ore. Lo si lessa quindi per circa 20 minuti in un court-bouillon, immergendolo nel liquido quasi freddo. Prima di cucinarlo, è opportuno eliminare la lisca centrale, le spine e la pelle.